IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 786/1990
 presentato da Castaldo Maria, quale procuratore  generale  del  dott.
 Giovanni   Castaldo,  in  virtu'  di  procura  generale  dell'agenzia
 consolare di Mannheim  n.  23/1989,  patrocinata  dagli  avv.ti  S.A.
 Violante  e  E.    Bonelli  presso  il  cui  studio  e' elettivamente
 domiciliata in Napoli contro il Ministero  dell'interno,  in  persona
 del Ministro pro-tempore,
  costituitosi  in  giudizio  con  il patrocinio dell'Avvocatura dello
 Stato, per l'annullamento del provvedimento del Capo della Polizia n.
 333  del  25  novembre  1988,  notificato  il  21  febbraio  1990  di
 dimissioni  dal  5  giugno  1988  dal 71 Corso di formazione per vice
 commissari in prova;
   Visto il ricorso e tutti gli atti di causa:
   Visti gli atti di  costituzione  in  giudizio  dell'Amministrazione
 intimata;
   Alla pubblica udienza del 15 novembre 1995, relatore il consigliere
 dott. Umberto Realfonzo, e uditi l'avv. Violante per il ricorrente;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con  il presente gravame la ricorrente Castaldo Maria, procuratrice
 generale del dott. Castaldo Giovanni, impugna  il  decreto  del  Capo
 della  Polizia  di dimissioni dello stesso dal 71 Corso di formazione
 per vice commissari in prova.
   Il provvedimento di dimissioni  forzose  del  dott.  Castaldo,  era
 stato  cagionato  dal  protrarsi della convalescenza successiva ad un
 gravissimo incidente stradale, estraneo  all'attivita'  di  servizio,
 che  lo  avevano costretto a superare i 90 giorni massimi di assenza,
 consentiti dall'art. 57 della legge 1 aprile1981, n. 121.
   Il ricorso e' affidato alla denuncia in  via  principale  dell'art.
 57  della  legge  n.  121/1981  in relazione all'art. 39 della stessa
 legge; degli artt. 1-13 del d.P.R.  n.  339/1982  e  dell'eccesso  di
 potere  per violazione dei presupposti: in sostanza l'Amministrazione
 non avrebbe potuto senz'altro risolvere il rapporto ma avrebbe dovuto
 applicare la normativa prevista  per  i  dipendenti  di  ruolo  della
 Polizia  di  Stato.  In  via  subordinata  si deduce l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 57, primo comma, lett. d),  legge    n.  121
 cit. e e degli artt. 1-13 del d.P.R. n. 339/1982.
   Si costituiva in giudizio l'Amministrazione intimata depositando in
 data  3  maggio  1995 gli atti del procedimento; ed in data 11 maggio
 1995 una memoria con cui confutava le affermazioni di  controparte  e
 concludeva per il rigetto del ricorso.
   Con  due  memorie  per  la  discussione  rispettivamente in data 12
 maggio 1995 e  23  giugno  1995  la  difesa  ricorrente  ribadiva  ed
 ampliava  le  proprie  argomentazioni  anche in risposta alle tesi di
 controparte.
   All'udienza di discussione la causa, su richiesta del patrocinatore
 della parte, veniva trattenuta per la decisione.
                             D i r i t t o
   1. - Preliminarmente all'esame del merito si deve rilevare  che  il
 ricorso avverso il provvedimento del Capo della Polizia di dimissioni
 dal 71 Corso di formazione per vice commissari in prova comunicato al
 dott.  Castaldo  il 21 febbraio 1990, e' stato notificato ritualmente
 all'Avvocatura distrettuale dello Stato in data  20  aprile  1990,  e
 quindi nel termine decadenziale previsto dalla legge n. 1034/1971.
   2.  -  Nell'ordine  logico  delle questioni, il Collegio ritiene di
 dover  affrontare  preliminarmente  la  questione  di  illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  57  della  legge 1 aprile 1981, n. 121 che
 prevede le dimissioni obbligatorie nel caso di superamento del numero
 massimo di assenze consentite per infermita', anche se non nei  sensi
 proposti con il ricorso.
   Non   ha   infatti  pregio  giuridico  l'affermazione  della  parte
 ricorrente per cui l'art. 57, primo comma, lett. d)  della  legge  n.
 121/1981  farebbe  luogo  ad  una  irragionevole differenziazione tra
 impiegati in prova ed impiegati di ruolo, in palese contrasto con  il
 principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.
   Contrariamente  a quanto assume il ricorrente e' proprio l'elemento
 dello status  di  dipendente  di  ruolo  che  giustifica  infatti  il
 differente assetto normativo in materia tra il personale non di ruolo
 e quello che ha raggiunto la stabilita' di rapporto.
   La  sussistenza  di  maggiori guarentigie giuridiche per coloro che
 ricoprono un posto di ruolo  appare  perfettamente  corrispondente  a
 criteri  di razionalita' in quanto la maggiore stabilita' corrisponde
 all'esigenza logica di preservare soprattutto le situazioni personali
 e  familiari  che  normalmente  vengono  in  essere  con  l'ordinario
 sviluppo  della  vita.  Pertanto  l'applicazione  dello stesso regime
 giuridico a situazioni oggettivamente differenti sarebbe in contrasto
 proprio con il principio di eguaglianza in senso sostanziale.
   Cio' posto si deve ricordare  che  la  Sezione  ha  piu'  volte  in
 passato  disatteso sia in sede cautelare che di merito, sotto diversi
 profili, questioni analoghe e connesse con  l'applicazione  dell'art.
 57 della legge n. 121/1981.
   Tuttavia,  in  relazione  alla doglianza di cui al primo motivo con
 cui si lamenta che avendo il ricorrente vinto il concorso a 200 posti
 di vice commissario in prova della Polizia di Stato di  cui  al  d.m.
 26  luglio  1986,  l'Amministrazione  non  poteva  far  luogo  ad  un
 provvedimento che comportasse sic et simpliciter la  risoluzione  del
 rapporto  d'impiego,  la  Sezione  ritiene necessario dover sollevare
 d'ufficio  -  in  quanto  ritenuta  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata  -   l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art.
 57, primo comma, lett.  d) della legge n. 121/1981 per contrasto  con
 gli artt. 3 e 97 della Costituzione nei sensi che seguono.
   Si  deve  in  proposito  sottolineare  negativamente che l'art. 57,
 primo  comma,  lett.  d)   prevede   l'adozione   del   provvedimento
 obbligatorio  di  dimissioni dal Corso a prescindere da una qualsiasi
 valutazione sullo stato di salute  dell'interessato,  sulla  malattia
 dallo  stesso  contratta  e  sull'eventuale perdita totale o parziale
 dell'idoneita' fisica del soggetto allo svolgimento del  servizio  di
 polizia.
   Appare  in  tale  direzione  del tutto illogico che l'estromissione
 d'ufficio dei partecipanti ai corsi  di  formazione  per  ragioni  di
 salute   avvenga   per   la   mera   constatazione  dell'involontario
 superamento del periodo massimo di assenza consentito,  e  non  venga
 preceduta  dalla  verificazione  dell'irrimediabile perdita di quella
 particolare idoneita' fisica richiesta in  relazione  di  servizi  di
 polizia.
   Inoltre,  ma cio' non appare secondario, la norma in esame fa luogo
 ad una fattispecie di carattere automatico che  prescinde  del  tutto
 dalle  circostanze  di  fatto  che hanno dato origine alle assenze ed
 alla addebitabilita' o meno  all'interessato  delle  circostanze  che
 hanno determinato l'infermita'.
    In  relazione  a  questi due profili la Sezione ritiene che l'art.
 57, lett. d) violi  il  principio  di  uguaglianza  ed  il  principio
 dell'imparzialita'  e  del  buon  andamento  nelia  parte  in cui non
 prevede, che i commissari in prova che abbiano comunque  superato  il
 limite dei trenta giorni - per motivi di salute a loro non imputabili
 -  non  possano  essere  ammessi a partecipare al corso successivo se
 hanno recuperato in pieno l'idoneita' fisica.
   La possibilita' di essere ammessi al corso successivo  peraltro  e'
 previsto  dal  precedente  art.  56,  penultimo comma, della medesima
 legge n. 121/1981 per  il  caso  in  cui  un  commissario  sia  stato
 bocciato all'esame finale del corso medesimo.
   Appare  al riguardo del tutto singolare che al funzionario in prova
 scadente ma presente sia data la possibilita' di' ripetere il  corso,
 mentre  ad un allievo colpito da infortuni o da infermita' temporanee
 cio' sia definitivamente inibito.
   Se la prefissazione di  un  rigido  regime  delle  assenze  massime
 consentite,  e'  evidentemente  stata  collegata  con  l'esigenza  di
 assicurare al massimo la presenza degli allievi al corso al  fine  di
 far   conseguire  ai  predetti  funzionari  una  migliore  formazione
 professionale appare del tutto illogico, contrario  al  principio  di
 eguaglianza  consentire  ad  allievi  con  un  rendimento  rivelatosi
 fallimentare di ripetere i corsi, ed estromettere senz'altro  allievi
 che,  per  meri  accidenti  della  vita,  abbiano superato i fatidici
 limiti di assenze.
    Si deve in proposito osservare come la presente fattispecie appare
 formalmente  e  sostanzialmente  diversa  da  quella   affrontata   e
 disattesa  dalla Corte costituzionale con la sentenza 13 luglio 1994,
 n. 297.
   Sotto il profilo formale i'l giudice delle leggi  aveva  dichiarato
 non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  4,
 primo  comma,  lett.  d)  e  quinto  del  d.-l.  4 agosto 1987 n. 325
 (convertito in legge n. 402/1987) nella parte in  cui  prevedeva  che
 l'allievo  agente  venisse  dimesso  oltre i trenta giorni d'assenza,
 senza la possibilita' di frequentare il corso successivo.
   Sotto quello sostanziale la Corte aveva ritenuto costituzionalmente
 legittimo il meccanismo in quanto coerente con il sistema transitorio
 di reclutamento del personale proveniente dai  contingenti  di  leva,
 mentre  l'ipotesi di cui all'art. 57 della legge n. 121/1981 concerne
 funzionari  che   arrivano   al   corso   in   seguito   alla   utile
 classificazione nella graduatoria della procedura concorsuale.
   In  definitiva  l'art.  57,  lett.  d),  della  legge 1 aprile 1981
 contrasta con l'art. 3 e l'art. 97 della Costituzione nella parte  in
 cui non consente all'Amministrazione di valutare discrezionalmente la
 possibilita',  al  contrario  invece prevista dal precedente art. 56,
 settimo  comma  della  legge  n.  121/1981,  di  ammettere  al  corso
 successivo  i  Commissari in prova che siano stati assenti per motivi
 di salute a loro non imputabili per un periodo  superiore  a  novanta
 giorni, sempre che' a quella data essi abbiano recuperato l'idoneita'
 fisica prescritta per l'esercizio delle funzioni di polizia.